Le dediche sui dischi e il mercato musicale che cambia
Dall’inizio della pandemia a oggi sono usciti vari articoli che hanno raccontato, anche con il supporto di dati, un cambiamento nei gusti musicali di molte persone, un sovvertimento degli equilibri tra i generi ascoltati, tendenza che si suppone sia per lo più dovuta alla gestione degli stati d’animo condizionati dal gravoso evento in corso. Chi ha trovato rifugio, conforto o una semplice distrazione nella musica, in altre parole, spesso non si è rivolto agli artisti che preferiva prima di questi ultimi due anni oppure ha puntato tutto su un genere specifico snobbandone altri.
Qui la lettura psicologica di questa esigenza sarebbe un azzardo dunque, basandomi sull’esperienza personale, dopo aver letto questi articoli sulla fruizione musicale dell’ultimo biennio, ho preso concretamente atto che è stato il jazz a farmi da colonna sonora di questo periodo: non che prima lo ignorassi, anzi, ma ha assunto questo ruolo con un crescendo inconsueto, relegando presto in un angolo altri generi musicali e diventando assolutamente dominante.
Da quando è stato possibile uscire, ne ho approfittato per andare a comprare una quantità sempre maggiore di cd di etichette come Blue Note, Impulse!, Verve, Atlantic, ECM ecc. dunque ad avere una costanza nell’acquisto di musica su supporto fisico che non avevo più da circa una decina di anni. Tutto con un minore sforzo economico rispetto all’epoca passata, visti gli attuali prezzi dell’usato (piuttosto accessibili) ma, nota a margine, con un impegno fisico maggiore perché in molti mesi di questo biennio, per evitare l’esposizione al virus, non ho usato i mezzi pubblici e il 90% di questi cd li ho presi in due negozi, uno distante circa quindici minuti a piedi da dove abito e l’altro a circa mezz’ora di cammino.
Su uno dei circa 100 cd che ho acquistato, MoodSwing del quartetto di Joshua Redman, ho trovato una scritta a penna sul booklet, non un autografo dell’autore del disco ma una dedica firmata da una donna. In alto la data, 20 gennaio 1997 (il disco è del 1994), e sotto queste parole: “Concerto all’Auditorium di Lussemburgo: ci sono andata pensando solo a te”. Poi la firma. Ventiquattro anni dopo quel cd con questa dedica sentimentale, chissà come, perché e da quanto tempo era finito in un negozio di dischi usati e ora, da poco più di un anno, staziona nel mio appartamento su una parete piena di altri suoi simili. A chi compra dischi usati, che siano in cd o vinile, può capitare di imbattersi in queste dediche che aprono una piccola finestra su storie sconosciute intorno a cui si può solo fantasticare.
E in effetti non è la prima volta che mi capita. Ricominciare a comprare tanti dischi, ha anche significato dovergli fare posto, dunque buona parte del tempo l’ho dedicata, oltre che all’ascolto, anche a creare spazio, a trovare nuove disposizioni, inventare altre posizioni, un’occupazione molto diffusa tra chi colleziona dischi o libri. Mentre cercavo posto a un vinile – in qualche caso ho optato anche per l’acquisto di questo supporto -, per esempio mi è ricapitato tra le mani una copia del singolo 12” in vinile di Fairytale Of New York dei Pogues comprata tanti anni fa a Parigi, e mi sono ricordato che anche qui ci avevo trovato una dedica. Si tratta di poche parole rivolte a una persona con un nome femminile, didascaliche rispetto al titolo del brano, e la data in cui sono state scritte è il 30 giugno 1988: “Una favola all’estero… buon compleanno”. Fairytale Of New York, notoriamente e da tanti anni, è una delle canzoni natalizie più apprezzate e chiacchierate ma in questo caso è diventata, probabilmente (vista la data riportata), la colonna sonora di un’estate.
Magari per un motivo preciso che, giustamente, nessuno potrà sapere a parte i diretti interessati. La dedica sul disco di Redman è del 1997, questa sul disco dei Pogues è del 1988: decenni fa. Oggi scrivere qualcosa sul supporto fisico di un’opera musicale sembra una pratica che resiste solo per iniziativa delle case discografiche che, negli ultimi dieci anni circa, restrizioni per la pandemia permettendo, hanno organizzato sempre più frequentemente i firmacopie per dare modo ai fan più giovani di fare una foto con l’artista e, soprattutto, di comprare un cd (che altrimenti quasi nessuno di loro avrebbe acquistato) con un autografo personalizzato e fatto al momento. Su Ebay e su altri siti simili c’è anche un mercato che specula su questi oggetti “griffati” rivendendoli a prezzi maggiorati, a conferma che la dedica con l’autografo dell’artista è una faccenda molto diversa dalle dediche private che, verosimilmente, se l’oggetto su cui campeggiano si trova a prezzo basso negli scaffali dell’usato, significa che qualcuno se ne è disfatto, magari per dimenticare.
Oggi la pratica delle dediche personali sembra scomparsa o quasi, un po’ perché, ovviamente, la fruizione musicale per lo più è diventata digitale – rispetto agli anni 70, 80 e 90, chiaramente, si regalano molti meno dischi fisici -, un po’ perché i vinili (e in misura minore anche i cd e, ultimamente, addirittura le cassette) ormai sono considerati oggetti da collezione e – a meno che siano autografati dagli artisti, appunto – pochissimi osano “macchiarli”. Già prima della rivoluzione digitale, non si può dire che si trattasse di un’abitudine molto diffusa ma proprio questa caratteristica, lo status di rarità, accresce il fascino di queste dediche perché, oltre a lasciare una curiosità inappagata e, dunque, a dare spazio a ricostruzioni di fantasia, venirne a contatto è una possibilità remota. Quando ci si imbatte in un disco con dedica, inoltre, passa in secondo piano la misura impietosa del passaggio del tempo: difficilmente ci si lascia prendere dalla nostalgia perché non siamo coinvolti direttamente, c’è un distacco tra noi e quei pensieri scritti rivolti a persone sconosciute.
Ora che la pandemia sembra più sotto controllo e quindi meno opprimente, i firmacopie dei cd sono ripresi, seppure in misura minore rispetto a tre o quattro anni fa (già due anni e mezzo fa erano un po’ meno affollati). Questa diffusione massiccia di esemplari firmati dagli artisti, tra qualche anno, probabilmente, genererà la loro presenza tra i banchetti dell’usato a 5 euro e non più a 40 o 50 euro su Ebay. È certo che queste tracce scritte raccontano sempre qualcosa del loro presente: se quando il supporto fisico non aveva alternative, una dedica faceva per lo più riferimento alla storia di un rapporto personale, da qualche anno non è altro che la semplice testimonianza di un acquisto indotto che documenta idolatria e passione di una parte del pubblico più giovane. Ma questo pubblico, appunto, tra qualche anno probabilmente si vorrà disfare di questi oggetti perché, a parte i tragici eventi epocali, un altro fattore che ci fa cambiare il tipo di ascolti musicali che facciamo è la crescita, più che mai il passaggio dall’adolescenza alla prima e poi alla seconda maturità.