Strutture Cine(ma)tiche. Intervista a Paolo Cascone

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    Il workshop nasce dall’esigenza di ri-abitare gli spazi dell’ex Arena Moderno, un cinema all’aperto in via di riattivazione nel quartiere Libertà di Bari, che il progetto expostModerno sta restituendo alla collettività.

    Allo stesso tempo tale azione nasce dal bisogno di sviluppare un progetto condiviso con le comunità che vivono il territorio, attivando nuovi processi progettuali e di auto-costruzione tra le realtà del quartiere e le realtà culturali e artistiche, per cui la platea dell’arena agisce da piattaforma di attivazione condivisa.

    Il progetto diventa esso stesso un momento di scambio di conoscenze con l’obbiettivo di innescare un meccanismo di coinvolgimento in grado di rendere operativo il cinema per inaugurarlo a fine giugno, per la prima stagione estiva dopo 40 anni di inattività.

    Gli output saranno 4 piattaforme mobili che possono essere usate come platee, playgrounds etc… per svolgere eventi culturali e conviviali di varia natura all interno del cinema, definendo un sistema aperto di possibili configurazioni dello spazio.

    Chi è Paolo Cascone e cosa è COdesignLab?

    Difficile dirlo, sicuramente una persona che cerca di svolgere il proprio lavoro con passione e rigore morale, che ama metterlo in condivisione sperimentando ogni volta soluzioni nuove legate alle persone, i luoghi, i materiali che rendono unico un contesto.

    COdesignLab nasce a Parigi ormai 10 anni fa ed è la messa in pratica di questo progetto culturale e di vita. Piuttosto che mettere su uno studio decisi con alcuni miei ex studenti di mettere su un laboratorio di ricerca indipendente dove realizzare prototipi e scambiare conoscenza.

    Parlaci del laboratorio “cinema/tic structures”, come è nata l’idea? a cosa serve? cosa si impara?

    Molto del mio lavoro sul computational design e l’auto-costruzione si ispira alla crono-fotografia e in particolare al lavoro di artisti come Etienne Jules Marey, che hanno contribuito all’invenzione del cinema. Del suo lavoro mi interessa il modo rigoroso in cui studia e rappresenta il movimento delle persone nello spazio… creando una dimensione dinamica fatta di sequenze di fotogrammi che diventano struttura in movimento.

    Per questo motivo quando abbiamo ragionato con i vari interlocutori sul possibile futuro di questo spazio ho immaginato subito una struttura cine(ma)tica realizzata in modo collettivo e aperta a diverse configurazioni spaziali.

    La struttura infatti servirà a svolgere diverse funzioni: da platea a spazio di relazione e potrà essere spostata e assemblata facilmente da chiunque per performance teatrali, musicali etc…

    Per questo motivo sarà un dispositivo mobile con una parte hard (micro — infrastruttura) ed una parte soft . Questo aspetto sarà in parte composto da sedie che i cittadini del quartiere saranno chiamati a regalare al progetto.

    In tal senso chi parteciperà al progetto imparerà un processo che va dal collaborative design all’auto-costruzione di dispositivi mobili per lo spazio pubblico, imparerà anche a ragionare su possibili strategie per coinvolgere un intero quartiere per riappropriarsi di un luogo importante per la collettività.

    Questa è la parte più difficile di un progetto come questo, guadagnarsi la considerazione e la credibilità di una comunità locale. Recuperare, restaurare e hackerare le sedie che ognuno di loro ci porterà in cantiere sarà un aspetto cruciale per mettere in atto processi di costruzione di un’identità di comunità in grado di dare un senso reale a questo tipo di iniziative.

    Raccontaci della collaborazione con La Scuola Open Source e ExPostModerno, come è nata? verso quali obiettivi vi state muovendo e come?

    Quando sos mi ha invitato a dare una lecture per il suo workshop di apertura è nata spontanea la voglia di immaginare forme di collaborazioni. per mesi abbiamo ragionato sulla possibilità di sviluppare un progetto che avesse una ricaduta su un quartiere e quando ho conosciuto la realtà ed il progetto ExPostModerno abbiamo subito capite che avremmo fatto qualcosa di interessante e utile insieme.

    Cosa pensi dei processi di rigenerazione urbana in architettura?

    Vedo molti progetti estemporanei in giro, fatti di molta comunicazione e poca cura delle cose concrete che si lasciano a terra alla fine della festa. Per questo motivo sono sempre più scettico e selettivo sul tema. Tutto deve partire da una forte esigenza locale altrimenti diventa un inutile esercizio di stile con in più la retorica della partecipazione.

    In realtà la rigenerazione urbana è una cosa dannatamente seria che ha bisogno di professionisti seri a tutti livelli.

    Quale dovrebbe essere, secondo te, il ruolo delle comunità locali nei processi di rigenerazione urbana?

    Dipende… stiamo parlando di realtà estremamente sfaccettate e complesse. Sarebbe gia importante che una comunità locale avesse consapevolezza della propria identità, questo aiuterebbe a identificare criticità e potenzialità del proprio contesto sociale e urbano.

    Questa consapevolezza spesso si costruisce anche con piccole azioni che però devono essere sempre più mirate e qualificate… sopporto sempre meno tentativi naif di auto costruire qualsiasi cosa per il gusto di farlo. Va rispettata la specificità di ognuno… non tutti devono saper progettare o costruire, ma tutti possono contribuire a prendere una decisione nell’interesse generale e fare pressione perché le risorse vengano investite in modo corretto.

    paolo cascone

    Si parla spesso di processi d’innovazione sociale e culturale attorno a spazi rigenerati, quanto credi impatti in questi processi la componente antropologica e culturale e perché?

    Ogni citta fa caso a se… non possiamo paragonare quello che succede a East London a quello che succede nella periferia di Napoli Est (per dirne due a caso): altri luoghi e altre problematiche.

    Quello che noto è che il modello del co-working in italia per rigenerare spazi sta diventando un altro pseudo-ammortizzatore sociale… senza soldi. Come sempre quando sono progetti istituzionali calati dall’alto sono pochissime le possibilità di impattare i contesti critici, come sempre la differenza la fanno le persone che gestiscono il progetto.

    Raccontaci qualcosa della tua esperienza con la Open Design School di Matera, di cosa si tratta? attorno a cosa ruota il tuo lavoro in questo contesto? di cosa ti occupi lì a Matera?

    Ods, ideato da Joseph Grima, è uno dei progetti pilastro di Matera 2019 capitale europea della cultura. Io mi sono occupato di implementare la school con il primo workshop.

    Vincere gli scetticismi iniziali non è stato facile, ma con il gruppo di partecipanti abbiamo lavorato bene conquistando il consenso della comunità locale ma anche delle comunità internazionale di designer e docenti che ho invitato a dialogare.

    Il primo gesto che abbiamo fatto è stato di auto-costruire la nostra biblioteca comune e il nostro laboratorio prototipi per poi progettare e realizzare alcuni interventi nello spazio pubblico. Ecco: io ho puntato molto su questo aspetto, compattare risorse e competenze esistenti in loco e farle confrontare con le migliori realtà internazionali per realizzare insieme progetti concreti.

    Perché è importante che questo laboratorio (presso l’Arena Moderno a Libertà) venga svolto? cosa ci guadagna la città?

    Questo laboratorio parte da un fermento già in atto in città, non ha la presunzione di portare nulla che nasca da zero. Ma proprio perché in continuità con la fatica e l’impegno di chi lavora ogni giorno per risollevare le sorti di un pezzo di città penso sia opportuno svolgerlo bene e con l’entusiasmo di chi sta facendo la cosa giusta. La città avrà di nuovo il suo cinema all’aperto e aperto al pubblico con la possibilità di utilizzarlo per eventi culturali di vari tipo. E non è poco!

    Il Laboratorio — frutto della collaborazione tra SOS ed EXPOSTMODERNO — si articola in due fasi:

    Fase 01 — Co-progettazione
    In questa fase si sviluppa il concept e si realizzano i prototipi per un progetto di piattaforme mobile in grado di assolvere a vari configurazioni per eventi culturali, teatrali, musicali e cinematografici. In tal senso confluisce nell’azione la call per raccogliere le sedute dai cittadini del quartiere che saranno integrate in questi dispostivi mobili. Si conclude con una project revew pubblica con partecipazione dei soggetti già coinvolti nel progetto expostmoderno.

    Fase 02 — Auto-costruzione
    Si lavorerà in due team: chi al restauro e all’hackeraggio delle sedute, chi alla realizzazione delle piattaforme mobile.
    I due team lavoreraranno a stretto contatto per integrare le sedute sui dispositivi mobili. Si conclude con una festa di apertura con il quartiere presso l’Arena di EXPOSTMODERNO.NB: Questa attività si svolge attraverso una modalita laboratoriale ‘hands on’. Si impara facendo, insieme. Si lavorerà full time 6 ore al giorno, con le mani, la testa e gli strumenti dell’artigianato tradizionale e digitale.

    Tenuto da:

    Paolo Cascone
    AA-MA PhD-Eng / COdesignLab
    www.codesignlab.org

    Napoletano, vissuto tra l’Africa e le Indie occidentali, ha completato i suoi studi presso l’Architectural Association di Londra. Nel 2007 fonda COdesignLab a Parigi dove ha insegnato come professore associato presso l’Ecole Speciale d’Architecture. Negli ultimi anni si è concentrato su professione, ricerca applicata e insegnamento tra Europa e Africa, realizzando progetti interdisciplinari tra ecologia urbana, fabbricazione digitale e auto-costruzione. Nel 2013 fonda Urban Fabrication Laboratory, laboratorio di ecologia urbana e fabbricazione digitale. Attualmente dirige il progetto African Fabbers School tra Italia e Camerun

    Marilena Laddaga
    Architetto / COdesignLab
    www.codesignlab.org

    Laureata alla facoltà di Architettura al Politecnico di Bari. Ha lavorato in studi di architettura a Roma e Berlino ed ha condotto ricerche in India. Si occupa di progettazione, interior design e digital fabbrication. Lavora spesso nell’ambito del recupero del patrimonio edilizio esistente. Ha partecipato al primo workshop dell’Open Design School a Matera, uno dei cardini del programma culturale di Matera 2019. Ha già collaborato in passato con Pop Hub, organizzazione che ha avviato il progetto expostModerno.

    Articolazione delle attività:

    due incontri di co-progettazione (3-4 giugno) e 4 incontri di auto-costruzione (14-17 giugno).

    03-06-2017 10.00 / 18.00
    04-06-2017 10.00 / 18.00
    14-06-2017 10.00 / 18.00
    15-06-2017 10.00 / 18.00
    16-06-2017 10.00 / 18.00
    17-06-2017 10.00 / 18.00

    Tutti gli incontri durano 6 ore per un totale di 36 oreL’attività ha un costo di: 240 €

    Note