Ho iniziato a scrivere queste note con l’intenzione di farne appunti per un corso di progettazione. Il corso si sarebbe chiamato “progettare l’incertezza” e m’era venuto in mente per via del frequente (molto frequente) caso in cui persone che hanno a cuore argomenti pratici di pubblico interesse – sia esso economico, politico, sociale – sollevano un problema che finiscono per discutere senza risolverlo.
Se vi suona confuso ripensate a quando (tipicamente nelle peregrinazioni social-professional-comunicative) leggete cose come il già citato: “…per provare a immaginare come ridisegnare [aggiungere qui una cosa a piacere]”.
Con una buona dose di hybris mi sono lanciato a smontare quelle mollezze sulla scorta dell’adusato pensiero pragmatico e mi sono accorto di essermi ficcato in un imbarazzante loop: l’incertezza è la ragione stessa, l’ubi consistam, del progettare; progettare l’incertezza è semplicemente progettare, ossia progettare è governare l’incertezza.
C’è una cosa che va come le pare? Fai in modo che vada non come pare a lei ma come vuoi tu (questo ce lo siamo detti parecchie volte ormai su queste pagine).
Anche se abbiamo a che fare con qualcosa di cui non siamo certi possiamo comunque affermare che, in un sistema in cui c’è il progettista e il mondo esterno, quest’ultimo (il mondo esterno) può catalogarsi completamente in Quello che so e Quello che non so.
Quello che so è sul lato sinistro del quadrato: se so di saperlo posso usarlo direttamente, se so di non saperlo torna sempre buono perché mi posso organizzare per impararlo o per chiederlo a chi lo sa.
Sul lato destro del quadrato invece c’è quello che non so: potrei non sapere di saperlo (e qui le sorprese) ma anche non sapere di non saperlo (da cui la frustrazione).
Notate che ho aggiunto ai quattro quadranti le iniziali SWOT che a più di qualcuno di voi susciteranno rimembranze: è l’analisi dei punti di forza (S di Strenght), debolezza (W-eakness), opportunità (O) e minaccia (la T di Threat) descritta in termini alternativi.
Una breve analisi dei quattro quadranti riporta. Quello che so di sapere, è la mia forza, chiamiamola Area di Confidenza: è tutto quello che padroneggio completamente, il mio know-how, la mia expertise, è la parte fondamentale del mio vantaggio competitivo.
Quello che so di non sapere rappresenta l’ambito delle Opportunità; con il Filosofo è la mia saggezza, con il semiologo la mia cultura. Chiamiamola Area delle Alleanze perché:
- So che devo fare attenzione
- Non so come devo fare attenzione
- So dove cercare
- So a chi chiedere
- Se qualcosa non va è il primo campo da investigare
Insomma nel campo delle alleanze posso predisporre contromisure agli imprevisti della progettazione.
Quello che non so di sapere per noi è l’Area di Murphy perché è da qui che vengono le sorprese e per prudenza dovremo aspettarci che non siano piacevoli, pertanto corrisponde al quadrante delle debolezze.
Per completezza, dallo stesso ambito arrivano le scoperte e le illuminazioni, le epifanie che a un certo punto scoprite di avere avuto sempre sotto gli occhi e che vi fanno sentire un genio e un cretino allo stesso tempo (per non averle viste prima e quindi aver perso un sacco di tempo — ergo la debolezza). Se non vi piace Murphy e la sua legge, chiamatela l’area dell’Illuminazione ma tenete presente che da qui originano comunque le (brutte) sorprese, gli eccessi di prudenza e l’overdesign.
Sebbene quest’area si riduca con l’esperienza, le cose che continuerete a non sapere saranno comunque troppe per farvi stare tranquilli.
L’ultimo quadrante è l’insondabile Quello che non so di non sapere. Le colonne d’ercole della vostra competenza, l’inimmaginabile, il buio sotto il letto, la minaccia. Da qui provengono cose che comprendono:
- “Non capisco perché non funziona”
- “Non capisco se sta funzionando”
- Gli eventi catastrofici (cose che una volta innescate non possono essere fermate)
- Gli atti ostili dei vostri concorrenti
E già, perché forse per troppa fiducia non ve ne siete accorti ma fino a qui abbiamo considerato la vostra presenza demiurgica come monocratica.
E invece no: forze oscure perseguono i loro disegni senza sapere di voi e senza che voi ne abbiate contezza e, quel che è peggio, quando se ne accorgono pensano di voi esattamente la stessa cosa che pensate di loro: “ma chi è questo stronzo? Lo voglio morto.”