Back To The Future. Un’oasi di condivisione al Quartiere Adriano di Milano
Quando ho deciso di partecipare ai primi incontri del gruppo under 30 che ha seguito il percorso formativo e poi di organizzazione che ha dato vita alla prima edizione di Back To The Future Festival non sapevo cosa aspettarmi.
Forse un modo per passare il tempo, uno svago? Forse un percorso che a lungo andare sarebbe potuto fondersi con un’esperienza lavorativa? Sta di fatto che quella mail io l’ho inviata e oggi, dopo quasi quattro anni di frequentazione assidua ai progetti di partecipazione culturale proposti da Ecate Cultura (prima so.stare, poi back to the future, ancora Adriano AR e di nuovo Back To The Future), non saprei dire cosa mi abbia attratto nello specifico, ma sarei in grado di dire cosa mi ha fatto restare.
Prima di svelarlo, però, permettetemi di presentare brevemente il festival.
Back To The Future è un festival di arti performative, con base in Quartiere Adriano, ideato e curato da Ecate, che nasce con lo scopo di creare relazioni tra le diverse comunità, sperimentando l’arte come condivisione e cooperazione, con l’idea – forse utopica ma forse no – di democratizzare la cultura e la programmazione di spettacolo dal vivo, al fine di creare un collettivo promotore della proposta artistica per il quartiere e la città.
Il territorio è infatti il più importante interlocutore del festival: oltre a ospitarlo fisicamente a Magnete – nuovo hub territoriale in Via Adriano 107 – e nelle sue strade, le persone che lo abitano sono motivo, fine e risorsa per l’esistenza stessa di BTTF.
In Quartiere Adriano una proposta culturale strutturata ha iniziato a germogliare solo negli ultimi anni e questo progetto si è proposto di entrare a farne parte, ponendosi in ascolto dei bisogni culturali delle persone e cercando sempre di inserire in palinsesto performance site specifics create in collaborazione diretta con chi vive il quartiere, in dialogo costante con il territorio.
BTTF festival è basato sulla DAP, Direzione Artistica Partecipata under 30: le scelte legate alla programmazione e alla costruzione del palinsesto sono affidate a ragazzi e ragazze che non hanno necessariamente confidenza con la scena performativa contemporanea, ma che possono esprimersi liberamente sulle tematiche e sulle estetiche che più stanno loro a cuore, selezionando così gli spettacoli, le performance, gli incontri che più vedono coerenti con la loro idea di festival, esaltando anche qui la forza vincente della partecipazione e dell’orizzontalità del processo.
Tra i valori più importanti per BTTF ci sono fin dalla prima edizione la sostenibilità, la democrazia, la condivisione e la promozione della vasta pluralità di linguaggi artistici contemporanei, ma forse il focus maggiore dell’intero progetto sono le persone.
Eccola sul tavolo finalmente, la vera carta vincente di un progetto come Back To The Future: lo stare insieme.
In quanto giovane donna che si muove in un mondo in cui alla cultura si dà sempre meno valore, quello che questo tipo di progetti hanno da offrire è principalmente un luogo dove persone come me si sentono di appartenere. Non credo di esagerare scrivendo che è molto facile, oserei dire tristemente semplice, sentirsi soli e persi all’imbocco di una strada che non fanno altro che ripeterci quanto sia tortuosa, impegnativa e, nella maggior parte dei casi, sterile.
Non ci sono soldi nella cultura, la cultura non ti fa mangiare, a cosa serve andare a teatro, apprezzare le pennellate di un quadro, emozionarsi in una sala da concerto? Danzare, leggere, girare un film? A niente, nell’era della produttività. A niente, in questo 2023 devoto al produrre e consumare. E, sempre nel 2023, se non serve, non esiste.
Decenni di questo atteggiamento estremamente ignorante e superficiale nei confronti delle arti hanno portato alla situazione disastrosa di aridità umana che ci circonda, al deserto alienante che isola le persone che invece in quel mondo di palchi, tele e lettere vedono il loro piccolo angolo nel mondo, il loro pezzetto di terra.
Back To The Future per me è stata un’oasi in quel deserto, una zona d’ombra lussureggiante e una sorgente d’acqua fresca, dove bere e riposarmi. Durante i percorsi di entrambi gli anni, al mio fianco ho avuto ragazzi e ragazze come me, persone decise più che mai a lottare con i denti e con le unghie per quel pezzettino di terra dove si sentono a casa, per quell’idea di cultura e di condivisione che, penso, crediamo fermamente sia e debba essere dimora di chiunque voglia esservi accolto.
Non so se potrò mai rendere giustizia al senso di appartenenza e di gratificazione e di entusiasmo che lavorare in gruppo a un progetto come Back To The Future possa trasmettere: la passione nella discussione durante la fase di scelta, la dedizione quando bisogna cominciare a sporcarsi le mani e poi l’euforia, la gioia e l’appagamento dei giorni veri e propri di Festival, momenti frenetici ma più che mai gratificanti. È stato per me un luogo dove sperimentare in sicurezza, dove crescere, conoscere, apprendere, affinare, imparare, confrontarmi, mettermi alla prova ma soprattutto, e qui si chiude il cerchio, un luogo dove fare tutto questo insieme ad altri ed altre come me – per non sentirsi soli, per farci coraggio a vicenda e magari, perché no, fare i primi passi su quella famosa strada tortuosa e impegnativa tenendosi per mano.
Immagine di copertina: ph. Casa Nostra Hombre Collettivo