Questo senso di meraviglia si è trasformato in una vertigine: intervista a Riccardo Arena

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    Il progetto Geranos, risultato di una collaborazione nata nel 2021 tra l’artista italiano Riccardo Arena e il curatore svizzero Noah Stolz, si inserisce in un’ampia indagine interdisciplinare che ha coinvolto diversi archivi iconografici presso il Warburg Institute di Londra, due istituzioni nell’area di Locarno, Monte Verità e la Fondazione Eranos e il Museo Antropologico di Città del Messico. Il progetto reinterpretata la complessa rete di relazioni e i paesaggi intellettuali del XIX secolo, impiegando l’espressione artistica per ri-immaginare l’intricato labirinto delle connessioni umane.

    In questa conversazione, Riccardo Arena condivide alcune riflessioni del suo percorso negli archivi del Warburg Institute, dove ha interagito con una variegata gamma di materiali iconografici, e su come queste esplorazioni hanno portato alla mostra “Geranos, Planomenon Dance – Movement II”

     

    La mostra “Geranos, Planomenon Dance – Movement II” sarà aperta fino al 19 maggio 2024.
    Qui è possibile consultare il public program. 

     

    Puoi fornire una panoramica del Progetto Geranos e condividere alcuni dei principali sviluppi fino ad oggi?

    Geranos è un percorso di ricerca immaginativa nato nel 2021 da una residenza artistica ad Ascona organizzata dal curatore svizzero Noah Stolz. Il progetto si inserisce in un ampio orizzonte di indagine interdisciplinare che ha coinvolto alcuni archivi iconografici presenti al Warburg Institute di Londra, due importanti istituzioni del territorio locarnese, quali Monte Verità e Fondazione Eranos, e una residenza condotta a Città del Messico.

    Nel 2022 sono stati presentati due primi contributi della ricerca: uno al Monteverità “GERANOS Choreography of a Mental Landscape – Movimento I”, in concomitanza con il ciclo di conferenze di Eranos sul Libro Rosso di Jung, in cui è stato condiviso con il pubblico un diagramma mentale delle prime investigazioni presentato attraverso un wall-collage; e una seconda presso la Casa del Lago dell’Università UNAM tramite un reading elaborato al termine di periodo di residenza a Città del Messico.

    A Marzo del 2024 viene inaugurata la mostra “GERANOS Planomenon Dance – Movement II”, un percorso espositivo sviluppato sui tre piani del museo Elisarion nel distretto svizzero di Locarno frutto degli ultimi anni di lavoro.

    Qual è stata l’ispirazione iniziale dietro il Progetto Geranos e come è nata la tua collaborazione con Noah Stolz?

    Nel 2019, dopo aver visitato la mostra “LuDD! – Topografia della luce”, un progetto nato da una serie di ricerche tra Iran, Armenia ed Etiopia, Noah Stolz mi ha invitato ad esplorare la ricca storia del locarnese. L’obiettivo era trovare nuove prospettive e interpretazioni degli archivi storici di questa regione, crocevia di movimenti utopici, riformatori, artistici e studi filosofici, simbolici e interreligiosi.

    Durante il mio primo periodo di residenza a Monte Verità, sono stato sommerso dalla quantità di vicissitudini che nel tempo si sono sedimentate in un territorio tanto piccolo quanto profondo, così potente da aver capace di influenzare il corso del 900 europeo in molteplici aspetti.

    Sono stato meravigliato nel realizzare che molte delle figure che precedentemente ritenevo irrelate, in realtà facevano parte di una singola e intricata storia, intessuta da una fitta rete di relazioni intrecciate. In particolare, la costellazione spirituale di Eranos, i cui frutti nati dai cicli di conferenze iniziate dal 33 e attive tutt’oggi, è stata di fondamentale importanza nella formazione dei miei immaginari fin dall’adolescenza.

    Questo senso di meraviglia si è trasformato ben presto in una vertigine.

    Ogni elemento che si tocca ha il potere di aprire a uno spettro di narrazioni potenzialmente infinte, generando una forza magnetica che ha avvolto il territorio in un’aura leggendaria, quasi mitica. Questo alone di mistero ha attirato nel corso degli anni studiosi e ricercatori da tutto il mondo, che hanno speso fiumi di inchiostro nel tentativo di penetrarne i segreti, aggiungendo ulteriori livelli di complessità a quelli già esistenti. E tra questi ovviamente Harald Szeemann, l’architetto delle vestigia di Monte Verità, che ha intrapreso una ricerca ciclopica nel tentativo di ricostruirne il denso e straordinario corso degli eventi, che ha portato alla costruzione della sua mostra/archivio “Le Mammelle della Verità” del 1978, oggi visitabile a Casa Anatta.

    È stato allora che mi sono soffermato su un immagine che girava nei miei archivi da tempo dal titolo “la tomba delle donne danzanti”. Un frammento di un affresco sepolcrale trovato a Ruvo in Puglia, raffigurante la danza della Geranos. La stessa danza che esegue Teseo dopo aver ucciso il Minotauro, a cui Kerenyi, storico delle religioni e figura molto attiva durante i convegni di Eranos, fa risalire le origini del labirinto nel mito classico. Il rituale era eseguito da una fila di danzatrici legate tra loro da una fune, che muovendosi simulavano una spirale per rappresentare l’eterno ciclo di nascita, morte e rinascita.

    Ho trovato potente l’idea che il disegno dell’architettura infernale e labirintica progettata da Dedalo fosse basato sulla traccia di un movimento rituale, vivente ed effimero. Questo mi ha portato a riflettere che forse era interessante lavorare non solo sulla storia effettiva del territorio, ma sull’enorme complessità della trama di relazioni in se e di per se stessa, nel suo complexus, ovvero ciò che è intessuto insieme – rivitalizzare il materiale al fine di contemplare l’enorme forza combinatoria in cui siamo tutti immersi.

    GERANOS – Choreography of a Mental Landscape – Movement I, Wall Collage Diagram, 2m x 6m, 2022

     

    Potresti raccontarci di più sulla ricerca che hai condotto presso il Warburg Institute?

    Successivamente alla presentazione del diagramma a MonteVerità, le investigazioni sono proseguite a Londra negli archivi del Warburg Institute. In quanto, parallelamente ai convegni di Eranos furono sviluppati i progetti di un Istituto di ricerca sul simbolismo e un archivio fotografico contenente migliaia di immagini raccolte in archivi e biblioteche di tutto il mondo inerenti alla mitologia, alchimia, simbolismo e tradizioni visive universali. Questa preziosa documentazione, oltre ad essere stata utilizzata come materiale di studio iconografico delle figure presenti a Eranos, ha costituito la base per l’Archive for Research in Archetypal Symbolism di New York, e dal 1950 fa parte delle collezioni di storia dell’arte del Warburg Institute dell’università Londra.
    Il materiale di Eranos non avrebbe potuto trovare una casa migliore.

    Nelle quattro visite londinesi, mi sono immerso in questa collezione con un approccio epidermico, guidato dal “demone dell’analogia”. Credo fermamente nel potere delle immagini, nel creare uno spazio derazionalizzato per sollecitarne il potenziale creativo, nell’attesa di un momento di intuizione feconda che mi fornisse una guida per interpretare questa foresta visionaria fatta sogni, intuizioni e paure.

    Per questo motivo, ho scelto di dedicare una delle sale dell’Elisarion alla condivisione con il pubblico di una selezione dell’archivio iconografico di Eranos tramite l’installazione intitolata “The Tent of the Lost Presence”. In questa installazione, i materiali visivi vengono presentati in un unica visione, spogliati dai di folders classificatori che li contengono, creando così uno spazio visivo che invita a un esperienza non mediata e diretta.

    Come le risorse e gli archivi presso il Warburg Institute hanno plasmato il tuo approccio alla mostra ‘Geranos Planomenon Dance – Movement II’?

    Menzioni che la mostra è il risultato finale della tua ricerca presso l’Istituto, potresti evidenziare alcuni materiali specifici che hanno ispirato questa mostra? In generale è l’archivio di Warburg in se stesso e di per se stesso la fonte di ispirazione principale, un oggetto culturale capace di farsi allo stesso tempo anti-archivio, scardinando le compontenti classificatorie per trasformarsi in una sostanza vitale di conoscenza, che sfugge sempre a interpretazioni definitive, per mostrare le fibre, il sistema nervoso dell’immaginazione.

    In particolare, durante l’immersione nel flusso visivo del materiale iconografico di Eranos, che del resto ha innumerevoli relazioni con quello raccolto da Warburg, tra il dedalo di immagini e analogie sono stato magnetizzato dalle riproduzioni degli Shooting Chant dei Navajo e da una serie di raffigurazioni di Quetzalcoatl e Xolotl, due divinità Azteche importanti per per molte civiltà mesoamericane, di cui al tempo conoscevo molto poco.

    Ho preso una serie di appunti ripromettendomi di studiarle in futuro, e per una sorta di sincronicità da li a due settimane, con mia sorpresa ho ricevuto un invito da parte dell’associazione Error per una residenza proprio a Città del messico, supportata dall’istituto Italiano di Cultura, un periodo in cui ho potuto approfondire ulteriormente le ricerche in molti luoghi, in particolare presso il Museo Nazionale di Antropologia, la biblioteca Vasconcellos, la Mapoteca e il Museo Anahuacalli, che hanno aperto nuovi corridoi del labirinto e gettato i semi per l’avvio della produzione dell’immaginario di ‘GERANOS Planomenon Dance – Movement II.

    Quando all‘interno delle mie ricerche, governate da quello che chiamo domino delle eventualità, accadono questo tipo di coincidenze significative, le considero come una sorta di rivelazione, dei segnali di una realtà soggiacente e misteriosa, che non si può comprendere, ma solo esperire. Su questo aspetto in particolare trovo illuminante il pensiero di Pavel Florenskij.

    Puoi dirci qualcosa sulla mostra ‘Geranos Planomenon Dance – Movement II’ e condividere eventuali sfide incontrate durante la tua ricerca e come hanno influenzato il risultato finale della mostra?

    Il percorso espositivo si sviluppa nei tre piani del museo Elisarion: le collezioni d’archivio, memorie e documenti storici presentati inizialmente nella loro “staticità archeologia”, gradualmente si stratificano e cristallizzano in collage, assemblage, disegni, sculture e installazioni sempre più complesse fino a creare nuovi campi di visione entro cui il materiale di partenza perderà la propria cornice storico narrativa, aumentandone i significati e le metafore.

    Questo processo è concepito come una coreografia sia fisica che psichica mossa dalla volontà di organizzazione sistemica e la tensione istintiva e impulsiva, che porterà al termine del percorso alla completa astrazione degli elementi di studio, saturando la grande sala dodecagonale dell’Elisarion con una grande installazione: una coreografia visiva costituita da forme sospese nello spazio che prende il nome di Planomenon – sottotitolo della mostra – il cui significato è ‘andare errando’, termine utilizzato in ecologia per indicare l’insieme di organismi che vivono liberi sospesi nelle acque.

     

    ADRIFT ON THE TORTOISE CARAPACE – Kurmachit | Suiseki Installation, variable dimensions, Detail – Ph. Mattia Angelini, 2024

     

    Quali impressioni speri che i visitatori porteranno via dalla mostra ‘Geranos Planomenon Dance – Movement II’?

    Attraverso la potente metafora dell’architettura del labirinto come movimento gestuale e mentale di conoscenza, l’intenzione è di stimolare il pubblico sul ruolo vitale che ricopre l’immaginazione, oggi più che mai, nello sviluppo della nostra società. Creare una dimensione poetica su cui riflettere sull’importanza cruciale della differenza tra ciò che è visivo e e ciò che è visionario, restituendo a una platea più ampia la complessità e la poesia di un patrimonio universale, quale l’archivio iconografico di Eranos conservato al Warburg, che continua a ispirare intere generazioni di artisti, scienziati e filosofi.

    Il Warburg Institute è noto per il suo focus sulla continuità artistica dell’antichità e sulla trasmissione delle idee. In che modo questi temi risuonano nel tuo lavoro?

    Durante i miei studi accademici l’incontro con la figura e la visione di Aby Warburg ha segnato un momento cruciale nella mia formazione. Mi ha fornito nuove vie per intendere il processo di indagine come atto generativo, di creazione estetica e considerare i simboli, le allegorie e le immagini visive e mentali che si affastellano nella storia, come dei fiori chiusi in attesa di essere aperti per contemplarne l’interdipendenza, la rutilanza e la meraviglia del contenuto.

    Credo che sia stato da quell’incontro che ho iniziato a lavorare sulle mappe mentali e sui diagrammi, impiegandoli dapprima come strumento di riflessione visiva per orientarmi in ricerche complesse e in seguito come materia creativa, sostanza di espressione artistica.

    In maniera simile alle tavole che compongono il Mnemosyne Atlas, all’interno del diagramma gli studi, immagini, appunti, intuizioni, e documenti si stratificano e amalgamano attraverso un intreccio di corrispondenze che gioca con le possibili relazioni del materiale di indagine. Un paesaggio del laboratorio mentale plasmato dal movimento di oscillazione tra analisi documentativa e astrazione intuitiva, il cui potere è dissolvere le cornici storiche e geografiche del materiale, al fine di trasfigurarlo da un registro all’altro delle forme stimolandone il potenziale evocativo.

    Penso inoltre che il diagramma e il suo processo di esecuzione incorporino gli elementi simbolici fondamentali per la creazione e la fuga dal labirinto: da un lato il filo di Arianna, la corda che unisce le danzatrici della Geranos, la linea della memoria, il gesto tracciato nello spazio per collegare e relazionare le cose e dall’altro, le ali che Dedalo costruirà per suo figlio Icaro, il volo estatico che permette la visione della mappa del labirinto, guardare dalla distanza per contemplare la composizione generale, il percorso di un destino geometrico, nel tentativo di dargli un senso.

     

    BULLROARER – Aeroacoustic Shadows Notations | Mixed media on paper, 100×60cm, Detail, 2024

     

     

    Immagine di copertina GERANOS – Planomenon Dance – Movement II, 2024

    Note