Chimera. Il Corpo Espanso per una nuova ecosofia dell’arte

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    Pubblichiamo un’anticipazione al volume di Marco Mancuso, Chimera (Mimesis) dal 13 ottobre disponibile in libreria.

    In un articolo pubblicato nel Settembre 1960 sulla rivista “Astronautics” dal titolo Cyborgs and Space, i ricercatori dell’istituto di salute mentale Rockland State Hospital di Orangeburg (New York), Manfred Clynes e Nathan Kline, speculavano su una serie di strategie da adottare per potenziare il corpo umano e regalare all’umanità la possibilità di viaggiare oltre l’atmosfera terrestre. Nel testo, basato sul saggio Drugs, Space and Cybernetics esposto pochi mesi prima al simposio “Psychophysiological Aspects of Space Flight” organizzato dalla Air Force School of Aerospace Medicine di San Antonio, si faceva cenno a un nuovo essere umano “espanso” grazie all’implementazione dei suoi stessi processi biovitali, atta a favorire l’adattamento dell’organismo ad atmosfere ostili. Questo strano e avveniristico costrutto fu chiamato “cyborg” (cybernetic organism), definito inizialmente come “un soggetto capace di incorporare componenti esogene, estendendo la funzione di autoregolazione del proprio organismo per adattarlo a nuovi ambienti”1M.E. Clynes, N.S. Kline, Cyborgs and Space, in “Astronautics”, Settembre 1960, pp. 26-76. In generale, il pensiero alla base del cyborg è stato fortemen- te influenzato dalla cibernetica e in particolare dal lavoro di Norbert Wiener sui sistemi di controllo durante e subito dopo la Seconda guerra mondiale. La cibernetica descrive i sistemi autoregolanti di feedback e comunicazione delle informazioni nelle macchine e negli animali, inclusi gli esseri umani.. Il fatto che uno studio di questo tipo fosse condotto da una équipe medica di un ospedale psichiatrico, impegnata da oltre un decennio nel design di strumentazioni fisiologiche per la simulazione dinamica del cervello umano e la progettazione di sistemi di data-processing, potrebbe forse sorprendere. O forse no. Ciò che sicuramente stupisce è che Manfred Clynes, che aveva inaugurato il Dynamic Simulation Lab su invito proprio di Nathan Kline, non solo era un autodidatta negli studi di fisiologia, ma era uscito dall’Università di Melbourne nel 1946 con una doppia laurea in tasca: una in Engineering Science e una in composizione musicale. Tutta la sua ricerca, fino alla morte avvenuta nel gennaio 2020, è stata improntata su un approccio interdisciplinare a cavallo tra neurofisiologia, neuroscienza e musica, con una forte propensione al design di strumenti di analisi e al rapporto con i mondi dell’arte e della creatività.

    Baltan Laboratories, Baltan Quarterly #4, Hack the Body (2016)

     

    Riconosciuto dai media generalisti come valevole pianista oltre che brillante scienziato2G. Pondspecial, Young scientist leads two lives, in “The New York Times”, 20 Marzo 1960, The New York Times Company, New York (NY) 1960. – ha registrato diverse versioni delle Variazioni Goldberg di Bach e delle Variazioni Diabelli di Van Beethoven – è stato pioniere nello studio delle forme temporali nell’espressione musicale, in relazione alle manifestazioni elettriche delle funzioni cerebrali e del sistema nervoso. Studi che lo portarono nel 1976 alla pubblicazione di uno dei testi fondamentali per la comprensione della percezione delle emozioni nell’essere umano al punto di contatto tra musica, arte, design e scienza: il seminale Sentics: The Touch of the Emotions3M.E. Clynes, Sentics: The Touch of the Emotions, introduzione di Y. Menuhin, Prism Press, Bridport 1989.. La figura di Clynes è quindi rappresentativa di quel fertile territorio tra innovazione tecnologica e ricerca scientifica, pratiche di progettazione e forme di espressione artistica che, caso non certo unico nel corso della storia, soddisfa uno dei principali presupposti del libro che vi approcciate a leggere: il dialogo e la contaminazione interdisciplinare tra questi elementi del sapere umano, dovrebbe essere considerato – e ancora troppo spesso non lo è, se non a vacue parole – un fatto culturale condiviso. Un’ontologia fondamentale per fornire strumenti di interpretazione del presente alle società, gli individui, gli organismi e i contesti che si definiscono in rapporto ad essi. Il fatto che Manfred Clynes sia colui che, con la figura del cyborg, ha consentito a una serie di ricerche artistiche e scientifiche sul corpo, condotte tra XIX e XX secolo, di confluire e ha allargato il terreno di indagine verso importanti teorie critiche e filosofiche del secondo dopoguerra, è sicuramente simbolico. Che sia mancato proprio nel periodo in cui l’idea di questa pubblicazione prendeva forma, nell’epoca forse più sconvolgente dell’era contemporanea, è semplicemente destino.

    Marco Donnarumma, Eingeweide, a production in collaboration with Margherita Pevere., photo by Manuel Vason

     

    Come sia evoluta la percezione collettiva del termine “cyborg” alla luce dei linguaggi del cinema, della letteratura e di certa arte contemporanea, come sia orientata principalmente all’esaltazione delle potenzialità formali ed estetiche offerte dall’alterazione dei corpi, è significativo di come i paradigmi della tecno-scienza, nonché della filosofia e della critica, non abbiano fatto lo stesso numero di proseliti nel passaggio dall’età moderna all’epoca contemporanea. Forse anche per questo motivo nel 2017 ha generato grande eco l’opera di fiction Body/Mind/Change, estensione online della grande mostra David Cronemberg: Evolution4La mostra David Cronemberg: evolution si è tenuta al TIFF Bell Lightbox di Toronto, dal 01 Novembre 2013 al 19 Gennaio 2014.. Il progetto racconta il lancio della società fittizia BMC Labs, di cui Cronenberg è testimonial in un video teaser coerente con le atmosfere claustrofobiche dei suoi film, in grado di produrre impianti biologici capaci di espandere le capacità del corpo umano aumentandone sia la resistenza alle malattie sia la capacità cognitiva. Prevedendo che entro il 2020 “il 15% della popolazione sarà migliorato” all’interno di un “mercato di circa 30 miliardi di dollari”, il primo prodotto lanciato dalla BMC Labs è il POD (Persona, On-Demand): un sistema cellulare ibrido su scala nanometrica, costruito a partire dalle nostre stesse cellule e dal nostro sistema genomico. Un’Intelligenza Artificiale che viene inizialmente addestrata sulla base dei nostri interessi, emozioni, ricordi e successivamente impiantata per condizionare le reazioni del sistema nervoso centrale agli stimoli della realtà attorno a noi.

    Otto Dix, War Cripples (1920)

     

    Se il progetto Body/Mind/Change è frutto di fantasia e riporta agli immaginari della science fiction e della narrativa cyberpunk, nella sua “Lettera a Madre Natura” – scritta nel 1999 e riportata in chiusura del The Transhumanist Reader, uno dei volumi fondanti del Transumanesimo – il filosofo e futurologo Max More auspica una serie di miglioramenti che gli esseri umani dovrebbero realmente apportare al proprio corpo per rimediare agli errori compiuti dall’evoluzione. La settima e ultima di queste modifiche, recita: “Noi riconosciamo il tuo genio nell’usare composti a base di carbonio per garantire il nostro sviluppo. Tuttavia, non limiteremo le nostre capacità fisiche, intellettuali o emotive rimanendo organismi puramente biologici. Mentre perseguiamo il controllo della nostra biochimica, integreremo sempre più le tecnologie avanzate in noi stessi. Questi emendamenti alla nostra costituzione ci faranno passare da una condizione umana a una transumana”5M. More, “A letter to Mother Nature”, in M. More, N. Vita-More (a cura di), The transhumanist reader: classical and contemporary essays on the science, technology, and philosophy of the human future, Wiley, Hoboken (NJ) 2013, pp. 449-451.. Per nove anni presidente e CEO della Alcor Life Extension Foundation, Max More è stato anche fondatore nel 1988 della rivista “Extropy: The Journal of Transhumanist Thought”, pubblicazione accademica che si è occupata di riunire pensatori con interessi comuni nei campi delle nanotecnologie, dell’ingegneria genetica, dell’Intelligenza Artificiale, dell’estensione della vita e del mind uploading6Il processo di mind uploading è l’operazione di emulazione completa di un cervello. In altre parole, un futuristico processo di scansione di una struttura fisica del cervello in modo sufficientemente accurato al punto da creare una sua copia perfetta (inclusa la memoria a lungo termine e il “sé”) e il suo trasferimento su un supporto digitale o in una struttura di rete. Scopo ultimo è quello di garantire all’essere umano la possibilità di una vita digitale dopo la morte dell’organismo biologico.. E non è finita qui. Co-fondatore nel 1990 dell’Extropy Institute – organizzazione no-profit con scopi formativi e di diffusione della dottrina transumanista per mezzo di conferenze e incontri – More è stato colui che ha teorizzato e pubblicato i cosiddetti “Principles of Extropy” che racchiudono i valori e i principi del cosiddetto Estro- pianesimo7Si può trovare una versione originale dei “Principi” a questo link: https://web.archive.org/web/20040605174214/http:/www.extropy.org/ principles.htm..

    Progresso, auto-trasformazione, estensione infinita, tecnologia intelligente, società aperta, pensiero razionale, ordine funzionale, vitalità, energia, vita, sono gli elementi alla base di questa corrente di pensiero per il miglioramento e la crescita di ogni sistema vivente8M. More, “The Philosophy of Transhumanism”, in M. More, N. Vita-More (a cura di), The transhumanist reader: classical and contemporary essays on the science, technology, and philosophy of the human future, Wiley, Hoboken (NJ) 2013, pp. 5-6.. Senza voler entrare nello specifico di un’indagine esaustiva sugli sviluppi della scienza e della tecnologia come prassi di assistenza all’essere umano, si può registrare da più fonti l’idea che mentre la medicina del XX secolo si prefiggeva sostanzialmente di curare i malati, quella del XXI secolo si pone l’obiettivo di migliorare chi è in salute. Puntando dritti verso la strada di una immortalità sempre meno utopica9Si consigliano le letture del libro R. Cooter, J. Pickstone, Medicine in the Twentieth Century, Routledge, Londra 2000, della relativa sezione online della Enciclopedia Britannica (https://www.britannica.com/science/hi- story-of-medicine/Medicine-in-the-20th-century), ma anche dei volumi L. Sterpellone, Storia della medicina del XX secolo, Newton Compton Editori, Roma 1997, U. di Aichelburg, Rivoluzioni della medicina nel XX secolo. Dai trapianti all’ingegneria genetica, La Stampa, Torino 1996 e M. Cassotta, V. Marchi, Le nuove frontiere della scienza. modelli sperimentali per la ricerca biomedica del XXI secolo, Aracne, Roma 2019..

    Il grande sviluppo di certi settori come biotecnologie, nanotecnologie, neuroscienze e Intelligenza Artificiale garantirà, nelle parole dello storico e saggista Noah Yuval Harari che “gli ingegneri prenderanno il vecchio corpo Sapiens e in modo intenzionale riscriveranno il suo codice genetico, allacceranno in diverse configurazioni i circuiti neuronali, altereranno il suo equilibrio biochimico e svilupperanno arti del tutto nuovi”10N. Y. Harari, Homo Deus. Breve storia del futuro, tr. it. M. Piani, Bompiani, Milano 2017, p. 73.. Stando a un numero crescente di esperti, gli esseri umani potranno quasi raddoppiare le proprie aspettative di vita nel corso di questo secolo e arrivare a sconfiggere la morte entro la fine del prossimo. Tutto questo, grazie alle prestazioni di un corpo innestato o rivestito di tecnologie semi-autonome, ottimizzato a livello biologico e genetico grazie al supporto fornito dalla ricerca scientifica e medicale, aumentato nelle sue normali dotazioni e migliorato nelle sue prestazioni standard “in un rapporto sempre più stretto di interdipendenza tra il naturale e l’artificiale, in cui l’artificiale, prodotto della natura umana, modifica e aumenta quest’ultima”11A. Marrazzi, Uomini, Cyborg e robot umanoidi. Antropologia dell’uomo artificiale, Carocci Editore, Roma 2012, p. 35.. Alla luce di queste semplici considerazioni, le visioni avanzate da Max More risultano oggi sempre meno irreali e lontane da come potrebbero sembrare a una prima lettura.

    Rebecca Horn, Berlin Exercises in Nine Parts. Scratching Both Walls at Once (1974-1975), Rebecca Horn Collection, Zurich, (2019).

     

    Ma cosa si intende esattamente per Transumanesimo e quali sono i suoi elementi teorici? Come fanno riferimento al corpo umano e che tipo di trasformazioni prevedono? Da dove nasce questo termine e quale la sua diffusione nel corso della storia? Ci sono tante definizioni possibili e una moltitudine di riferimenti che indicano una certa confusione ma anche una indubbia diffusione di questa controversa dottrina. La parola “transumanesimo” appare per la prima volta nel saggio “New Bottles for New Wine” scritto nel 1957 dal biologo Julian Huxley. Il fratello del più noto Aldus Huxley lo aveva mutuato a sua volta dal gesuita, paleontologo e filosofo Pierre Teilhard de Chardin, il quale aveva coniato il termine parlando del futuro della razza umana, facendo riferimento a una specie in grado di trascendere sé stessa grazie al crescente sviluppo tecnologico e scientifico12P. Teilhard de Chardin, The Future of Man, Harper & Row, New York 1964, p. 239.. Nell’originaria accezione di Huxley, il termine indica “l’uomo che rimane umano, ma che trascende sé stesso, realizzando le nuove potenzialità della sua natura umana, per la sua natura umana”, dando vita a un possibile scenario di emancipazione dell’umanità dalla sua naturalità13J. Huxley, New Bottles for New Wine, in “The Journal of the Royal Anthropological Institute of Great Britain and Ireland”, vol. 80, Chatto & Windus, Londra 1950, pp. 13-17.. Elemento questo che risulta presente anche nelle due definizioni più recenti di “transumanesimo”, quelle maggiormente adottate dalla comunità internazionale di studiosi e adepti.

    Innanzitutto, quella fornita da Nick Bostrom, filosofo e co-fondatore della World Transhumanist Association, nota come Humanity+ – organizzazione no-profit che si occupa di formazione e consapevolezza sul futuro della razza umana – nonché del Future of Humanity Institute, di cui è anche direttore. Conosciuto soprattutto per i suoi studi relativi ai rischi legati allo sviluppo incontrollato di una “superintelligenza”, agli aspetti etici dell’implementazione dell’essere umano e alle cause che potrebbero portare al cosiddetto “rischio esistenziale”14N. Bostrom, M. Cirkovic (a cura di), Global Catastrophic Risks, Oxford University Press, Oxford 2008., Bostrom definisce il Transumanesimo un “movimento culturale, intellettuale e scientifico, che afferma il dovere morale di migliorare le capacità fisiche e cognitive della specie umana e di applicare le nuove tecnologie all’uomo, affinché si possano eliminare aspetti non desiderati e non necessari della condizione umana come la sofferenza, la malattia, l’invecchiamento e persino l’essere mortali”15N. Bostrom, A History of Transhumanist Thought, in “Journal of Evolution and Technology”, vol. 14, n. 1, Aprile 2005, p.7.. In secondo luogo, quella data da Max More secondo cui si tratta di “una filosofia di vita che cerca la continuazione e l’accelerazione dell’evoluzione della vita intelligente oltre la sua forma attualmente umana e i suoi limiti per mezzo della scienza e della tecnologia, guidata da principi e valori che promuovono la vita”16M. More, “The Philosophy of Transhumanism” in M. More, N. Vita-More (a cura di), The transhumanist reader: classical and contemporary essays on the science, technology, and philosophy of the human future, Wiley, Hoboken (NJ) 2013, pp. 449-451..

    In verità, sono molti i pensatori, gli scienziati e i filosofi che nell’arco degli ultimi cinquecento anni hanno immaginato il futuro della razza umana nel quadro di un processo evolutivo indipendente da quello darwiniano e maggiormente legato ai progressi della tecno-scienza: dal filosofo umanista Pico della Mirandola a quello ortodosso Nikolai Fedorovich Fedorov, dal genetista e biologo evoluzionista J.B.S. Haldane al padre della crionica Robert Ettinger, dal fautore dell’estensione della vita Saul Kent al matematico Marvin Minsky, dal teorico e saggista F.M. Esfandiary ai più conosciuti Damien Broderick, Ray Kurzweil, Hans Moravec e Vernor Vinge. Tra loro, anche Natasha Vita-More, direttrice esecutiva di Humanity+, nota per aver redatto la prima bozza del conosciutissimo “Transhuman Manifesto”17Si può leggere la versione più recente (2020) del “Transhuman Manife- sto”, la cui prima stesura risale al 1983, qui: https://natashavita-more.com/ transhumanist-manifesto/.. È lei che evidenzia una importante differenza tra gli approcci di Julian Huxley e Max More: mentre per il primo, infatti, l’essere umano rimane tale per quanto trascenda radicalmente sé stesso, per il secondo supera i suoi stessi limiti di specie e attua una trasformazione che lo porta direttamente all’essere post-umano. È quindi proprio questa transizione evoluzionista, alternativa e antagonista rispetto a quella naturale, ciò che sta alla base del pensiero transumanista contemporaneo. Come evidenziato a più riprese negli scritti e nelle idee di uno suoi più importanti rappresentanti: l’ideologo, teorico, filosofo e accademico Fareidoun M. Esfandiary. Noto con il nome di FM-2030, deceduto per un tumore al pancreas nel 2000 e a tutt’oggi crioconservato presso i laboratori della Alcor Life Extension Foundation in Arizona, ha pubblicato una vasta serie di saggi, tra cui una sorta di questionario filosofico-attitudinale unico nel suo genere, scritto per consentire a qualunque essere umano di sondare la propria tendenza alla transumanità. Nel pamphlet FM-2030 afferma: “Il trans non può più essere considerato specificamente umano, perché le premesse della vita biologica terrestre che hanno sempre definito l’umano non si applicano più pienamente. Molte delle scoperte incarnate nei transumani non sono altro che l’inizio dell’eventuale trasformazione della specie umana…oggi decine di milioni di persone in tutto il mondo sono vive perché siamo in grado di sostituire parti del corpo non funzionanti con sostituti efficaci. Se vogliamo estendere ogni vita nel futuro, dobbiamo apportare cambiamenti ancora più radicali. Non possiamo vivere per centinaia di anni con questi corpi fragili e limitati”18FM-2030 (F. M. Esfandiary), Are you a transhuman? Monitoring and Stimulating Your Personal Rate of Growth In a Rapidly Changing World, Warner Books, New York 1989, p. 215..

    Questo approccio strettamente quantitativo, determinista, muscolare al discorso evolutivo, rischia però di essere limitato e cieco rispetto a una serie di questioni sociali, politiche, identitarie sui nuovi corpi che sono gli elementi alla base delle istanze di pensiero, etico e sociale, del Postumanesimo. In questo caso, il quadro di riferimento teorico ed epistemologico non è così chiaro e definito come per il Transumanesimo e il portato in termini filosofici, estetici e culturali abbraccia diversi ambiti disciplinari che pongono il corpo umano al centro della propria ricerca, nel rapporto con il contesto circostante. Filosofi della fenomenologia e pensatori post-moderni, decostruzionisti e post-strutturalisti (Husserl, Heidegger e Merleau-Ponty, ma anche Derrida, Lyotard, Foucault, Irigaray, Deleuze e Guattari su tutti), filosofi e sociologi della scienza (Serres, Latour), rappresentanti del post-femminismo, delle teorie queer, del cyberfemminismo e del neomaterialismo provenienti da diversi ambiti della teoria critica, dei cultural studies e della filosofia (Hayles, Butler, Haraway, Braidotti, Barad, Van Der Tuin, Zylinska, Plant, He- ster, Preciado), nonché rappresentanti dell’antropologia sociale (Ingold), del realismo speculativo (Badiou, Brassier, Meillasoux) e della Object Oriented Ontology (Harman, Bryant, Morton), hanno contribuito tra la fine del secolo scorso e i primi vent’anni del nuovo millennio a definire i contorni di un nuovo essere umano in relazione non gerarchica con tutti gli elementi (organici e inorganici) che lo circondano. Cyborg tecno-scientifico, nomade semantico, chimera narrativa, costrutto capace di superare i dualismi di materia e significato, natura e cultura, sesso e genere, scienza e tecnologia.

    Organismo ibrido aperto a costanti, quanto a volte maldestri, tentativi di dialogo con i mondi del design e dell’arte: anzi, con quel territorio interdisciplinare intermedio, scarsamente definito e manchevole di riferimenti, fonti e metodologie operative, che costituisce il pattern di indagine del libro che avete tra le mani.

    Oskar Schlemmer, Triadic Ballet (1922)

     

    Anche solo per risalire all’origine del termine “postumano” si incontrano alcune ambiguità. C’è chi fa riferimento al matematico Claude Shannon, nell’ambito delle sue teorie dell’informazione disincarnata su cui si baserà tutta la cultura cyborg degli anni Sessanta-Settanta19C. E. Shannon, A Mathematical Theory of Communication, in “The Bell System Technical Journal”, vol. 27, n. 3, Wiley, Hoboken (NJ) 1948, pp. 379-423, 623-656.. Chi invece, come Vilma Torselli, suggerisce che il termine sia nato negli anni Novanta, coniato dal gallerista-critico Jeffrey Deitch in occasione della mostra Post-Human, incentrata sulle possibili estetiche corporee derivanti dalle promesse evolutive garantite della genetica e delle biotecnologie20V. Torselli, Post-Human, in “Artonweb”, 3 Aprile 2007, https://www. artonweb.it/artemoderna/artedopo60/articolo28.htm.. Chi ancora fa riferimento al filosofo egiziano Ihab Hassan quando afferma “dobbiamo capire che la forma umana – compreso il desiderio umano e tutte le sue rappresentazioni esterne – potrà cambiare radicalmente, dobbiamo capire che cinquecento anni di umanesimo potrebbero volgere al termine, poiché l’umanesimo si trasforma in qualcosa che dobbiamo chiamare postumanesimo”. Oppure alla critica Katherine Hayles, quando ricorda che “postumano non significa la fine dell’umanità, ma segnala al contrario la fine di un certo tipo di concezione dell’umano, che potrà essere applicata a quella fetta di umanità che avrà la ricchezza, il potere e il piacere di pensare concettualmente a loro stessi come esseri umani autonomi, che esercitano una loro volontà attraverso una scelta individuale di evoluzione”21Si tratta di due importanti definizioni, la prima di I. Hassan, Prometheus as Performer: Towards a Posthumanist Culture, in “The Georgia Review”, vol. 31, n. 4, Athens (GA) 1977, la seconda di N. K. Hayles, How We Became Posthuman: Virtual Bodies in Cybernetics, Literature and Informatics, The
    University of Chicago Press, Chicago 1999, p. 286.
    .

    Ciò che emerge da questi autori è come il Postumanesimo sia percepito sostanzialmente come un framework atto a guardare al di là di un discorso puramente trasformativo, considerando le tecnologie e la scienza come elemento capace sì di alterare le prestazioni dei corpi, ma anche in grado di delineare una narrativa del tutto nuova dell’essere umano su questo pianeta rispetto a quella dell’“umanesimo” naturale da un lato e del “iperumanesimo” artificiale dall’altro22R. Ranisch, S. L. Sorgner (a cura di), Post- and Transhumanism. An introduction, Peter Lang Edition, Losanna 2014, p. 8.. È lungo questo confine sottile che si evidenzia la principale distinzione tra Transumanesimo e Postumanesimo: mentre il primo ambisce a reinstallare alcune componenti strettamente umane al punto da liberare il corpo dalle sue limitazioni biologiche, il secondo vuole allontanarsi da qualsiasi paradigma strettamente evoluzionista per ricostruire un nuovo sistema di relazioni tra l’essere umano e ciò che lo circonda.

    Per quanto molti autori e teorici transumani si siano prodigati nel corso degli anni a ribadire che il corpo non è necessariamente qualcosa da rifiutare, ma semplicemente elemento da cui evolvere per un’auto-trasformazione tesa non tanto a uno stato di perfezione, quanto verso un’apertura al contesto circostante, rimangono molti dubbi in merito. Come ricordato da Hannah Arendt secondo la quale “quest’uomo del futuro, che gli scienziati pensano di produrre nel giro di un secolo, sembra posseduto da una sorta di ribellione contro l’esistenza umana, come gli è stata data, un dono gratuito proveniente da non so dove, che desidera scambiare, se possibile, con qualcosa che lui stesso ha fatto”23H. Arendt, Vita activa. La condizione umana, tr. it. S. Finzi, Bompiani, Mila- no 2017.. O da Roberto Marchesini, secondo cui questi autori “propongono l’ibridazione dell’uomo con i suoi prodotti culturali, ma non nel senso di una autentica apertura al mondo nonumano, bensì con l’intenzione di accentuare lo spessore del guscio protettivo”24R. Marchesini, Post-Human. Verso nuovi modelli di esistenza, Bollati Boringhieri, Torino 2002, p. 44..

    Una delle principali distinzioni tra transumanisti e postumanisti risiede quindi nel modo in cui viene interpretato lo strumento tecnologico e che tipo di relazione intesse con il corpo umano. Per i primi la technè è un elemento esterno, di supporto al corpo, che non contamina la purezza dell’essere umano ma che adotta dinamiche potenziative transumane delle sue capacità. Per i secondi invece la stessa è infiltrativa, invasiva, penetra il corpo e lo contamina. Lo rende spurio, ibrido, brulicante di alterità. Determina la nascita di qualità nuove, che obbligano l’essere umano a processi di feedback organizzativi mai sperimentati, in integrazione con nuove qualità del proprio essere e delle specie, organiche e inorganiche, circostanti. Più in generale, come ricorda l’artista e teorico Robert Pepperel “mentre gli umanisti si considerano esseri distinti in una relazione antagonistica con l’ambiente circostante, i postumani considerano il proprio essere come incarnato in un ambiente tecnologico esteso”25R. Pepperell, The posthuman manifesto. To understand how the world is changing is to change the world, 1995, http://www.kainos.it/numero6/emer- genze/emergenze-pepperell-it.html..

    Nel Transumanesimo il concetto umanista di purezza del corpo e superiorità rispetto al contesto, è esasperato fino a una chiusura, una difesa rispetto all’esterno e al diverso, visto come elemento pericoloso e contaminante, su cui prevalere o da cui difendersi. Questo atteggiamento si è dimostrato, a più riprese, essere uno dei maggiori ostacoli alla comprensione della contemporaneità (crisi ecologica, diversità di genere, processi identitari, relazioni inter-specie) ed è abbandonato dal Postumanesimo in favore di una visione ibrida del corpo, umido nel suo divenire simulacro di carne, circuiti e alterità biologica, aperto all’accoglienza di elementi diversi. Tutto ciò comporta un avanzamento dell’interesse verso la comprensione di una realtà percepita come complessa, che mette sullo stesso piano tutte le forme di vita, ammettendo rapporti di scambio con altre specie e strutture. Per il Postumanesimo il corpo umano non è una struttura auto-riferita, protetta da una corazza tecnologica, resa immortale dalla ricerca tecno-scientifica, quanto piuttosto un’interfaccia. Una membrana. Ospitale e accogliente verso gli elementi esterni, si relaziona con essi grazie a nuove modalità offerte dalle biotecnologie, dalle Intelligenze Artificiali, dagli impianti, dalle protesi e dalla ricerca biomedica in generale. Non è una armatura ma un “ibrido in cui l’umano è strettamente accoppiato con macchine intelligenti”,

    come ricorda ancora la Hayles26N. K. Hayles, How We Became Posthuman: Virtual Bodies in Cybernetics, Literature and Informatics, cit., p. 35.. Un amalgama, una collezione di componenti eterogenee, un’entità informazionale-materica i cui confini sono costantemente costruiti e ricostruiti. Una combinazione di carne e circuiti, pensieri e algoritmi, materiali organici e circuiti di silicone, in cui il corpo umano diviene parte integrante del sistema tecnologico e viceversa.

    È evidente quindi che la grande questione della contaminazione dell’essere umano con gli elementi della tecno-scienza si snoda e si riannoda lungo le due traiettorie del Transumanesimo e del Postumanesimo. Sebbene i confini tra esse siano spesso labili, la posizione che si intende adottare nel libro che vi apprestate a leggere è radicalmente più vicina alla seconda. Perché, come ricorda Tomas Maldonado “il corpo umano è oggetto di conoscenza…ma non solo: è anche un soggetto tecnico, un punto di riferimento fondamentale della nostra operosità tecnica”27T. Maldonado, “Corpo tecnologico e scienza”, in P.L. Capucci (a cura di), Il corpo tecnologico. L’influenza della tecnologia sul corpo e le sue facoltà, Baskerville, 1994, pp. 78-79..

    La storia dell’uomo è, tra le altre cose, la storia di una progressiva artificializzazione del corpo. Ma anche di una lunga marcia verso un arricchimento del nostro essere con elementi esterni ad esso. Il che, in fin dei conti, non significa altro se non la creazione di nuovi artefatti ed esperienze destinati a modificare le nostre modalità di relazione con il contesto circostante. Come sottolinea il performer Marco Donnarumma, per il quale “l’estensione o l’interruzione della forma e delle capacità del corpo umano attraverso la tecnologia ha un’importante conseguenza: con il suo progredire, la nostra comprensione, la comprensione della società del genere, delle forme corporee, della razza e dell’identità verranno radicalmente modificate”28M. Donnarumma, “Artists wanted: To question, imagine and reflect on the relationship of humans and technology. (Or suffer the consequences …)” in O. Mink (a cura di), Hack The Body. Critical reflection on the blurry boundaries between intimacy, privacy and technology, Baltan Quarterly, Eindhoven 2016..

     

    Immagine di copertina da Chimera (Mimesis): Hather Dewey-Hagborg, Stranger Visions, on display at Artefact, photo by Carolien Coenen, 2015

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