Cara street art, basta prendersi in giro, da sola non riqualifichi nulla
Parla l’artista del progetto Vedo a colori che ha contribuito a rivitalizzare il porto di Civitanova Marche. “Ho visto murales su facciate di palazzi senza fognature. L’arte deve farsi più domande”
La street art, l’etica, la comunicazione, i valori e l’impegno che col tempo sono profondamente cambiati insieme al linguaggio stesso di questa forma d’arte. Che cosa c’è, oggi, dietro a un murales? E, soprattutto, chi c’è davanti? Ne abbiamo parlato con Giulio Vesprini, marchigiano di Civitanove Marche, classe 1980, diploma all’Accademia delle Belle Arti di Macerata e laurea in Architettura, fondatore dello studio Asinus in Cathedra. Il suo progetto Vedo a colori da dieci anni è un attivatore sociale, avendo contribuito a trasformare il porto cittadino in un luogo vivo, dove i murales hanno innescato dinamiche urbane senza rimanere un’espressione d’arte fine a se stessa.
Ha ancora senso usare l’espressione street art, ora che la vocazione sociale degli street artist è cambiata e il digitale ha modificato completamente l’approccio e il linguaggio?
“Ha senso se usiamo la parola street art come un codice per comprendere in maniera veloce un macro tema che contiene una moltitudine di sfaccettature. Oltre al codice credo non abbia un grande significato: dice tutto e niente. Rimango dell’idea che la parte più spontanea di questo linguaggio possa essere chiamata arte di strada. Le commissioni, i festival, i progetti finanziati assumono una connotazione completamente diversa. Possiamo parlare infatti di arte urbana, arte contemporanea, arte pubblica. È difficile oggi far capire queste differenze a un pubblico vasto, alla massa che si muove da una moda all’altra e che percepisce certe attività come elitarie. Interessante a mio avviso è ‘usare’ queste terminologie più pop per far comprendere messaggi più profondi. Non sono contro l’espressione street art, ma contro il modo in cui questa viene spesso utilizzata. Sono a favore del suo utilizzo per aprire un discorso e spiegare altri contenuti, un passpartout, una sorta di mind-map dove al centro mettiamo street art e tutt’intorno il grande atlante di contenuti e parole chiave”.